Beccheggio: cos'è, quali rischi comporta e come può essere limitato
Vai al contenuto

Direttore: Alessandro Plateroti

Beccheggio: cos’è, quali rischi comporta e come può essere limitato

Beccheggio

Assieme al rollio, il beccheggio rientra nei moti oscillatori della scocca dell’auto, che possono alterare la tenuta di strada e il comfort all’interno della vettura.

In un veicolo che procede a regime di marcia, si verificano una serie di interazioni tra i dispositivi dei sistemi di sospensione e la scocca dell’auto. Queste interazioni determinano alcuni fenomeni che caratterizzano il comportamento dell’auto su strada. Tra questi, di particolare interesse sono il beccheggio e il rollio.

Entrambi i termini sono molto diffusi in ambito nautico, per descrivere le oscillazioni di uno scafo lungo – rispettivamente – l’asse prua-poppa e dritta-sinistra. Ad ogni modo, vengono impiegati anche in ambito automobilistico per descrivere lo stesso tipo di comportamento che può manifestare un veicolo. La parola ‘beccheggio’ deriverebbe dal riferimento alle oscillazioni del ‘becco’ del mezzo in questione (la prua di uno scafo o l’avantreno di una vettura). In inglese viene tradotta con ‘pitching‘.

Cos’è il beccheggio auto

Il beccheggio dell’auto è il movimento rotatorio delle masse della vettura lungo il cosiddetto ‘asse di beccheggio‘, un asse trasversale baricentrico (parallelo agli assi delle ruote). In parole povere, si tratta del sollevamento o l’abbassamento di una parte del veicolo (il frontale o il retro) che si verifica nelle fasi di accelerazione e frenata. Per esempio, in fase di accelerazione, l’anteriore dell’auto si solleva leggermente, mentre quando si frena si abbassa.

Da ciò si comprende come tale fenomeno possa influenzare in maniera significativa la guida e come al contempo ricopra un ruolo molto importante in fase di progettazione.

Naturalmente, il problema del beccheggio – che riguarda direttamente la distribuzione delle masse della vettura – si pone in maniera diversa a seconda della destinazione d’uso della vettura. Quelle destinate all’uso agonistico e da competizione vengono progettate, inevitabilmente, in previsione di fenomeni di beccheggio più accentuati rispetto a modelli per il solo uso stradale.

Non è un caso che gli ammortizzatori delle auto da corsa siano particolarmente duri rispetto ai modelli stradali di serie. Lo scopo, in casi del genere, è quello di limitare il più possibile le oscillazioni e mantenere l’aderenza della vettura al fondo stradale a livelli ottimali. In generale, il beccheggio non è un fenomeno relativo soltanto alle prestazioni dell’auto, ma anche al comfort e – cosa importante – alla tenuta di strada.

Le cause del beccheggio

A questo punto val bene chiedersi a cosa sia dovuto il beccheggio. Ribadiamo anzitutto come si tratti di un movimento oscillatorio che interessa le masse dell’auto. Queste, in fase di accelerazione e di frenata, si sbilanciano sull’anteriore o sul posteriore. Il motivo di tale sbilanciamento va ricercato nell’assetto dell’auto che, evidentemente, non è in grado di controbilanciare efficacemente la tendenza dei carichi del veicolo che assumono un certo comportamento in determinate situazioni di guida. Ovviamente, esistono diverse sfumature dello stesso fenomeno: se, quando si accelera, l’avantreno si solleva da terra (o il retro si alza quando si frena) allora il beccheggio è assolutamente eccessivo.

Un’altra possibile causa può essere rappresentata dalla taratura troppo morbida delle sospensioni. Infine, non vanno trascurate le cause che potrebbero essere definite strutturali: una distribuzione non ideale delle masse della vettura (con un carico eccessivo sull’anteriore o sul posteriore) oppure determinate caratteristiche come assetto troppo alto o interasse troppo corto.

Beccheggio
Fonte immagine: https://pixabay.com/it/nascar-auto-da-corsa-pista-gara-556133/
Leggi anche
Carroattrezzi: quando può intervenire e quanto costa

L’effetto del trasferimento di carico e l’angolo di beccheggio

Gli effetti dei trasferimenti di carico possono essere espressi in Newton, l’unità di misura della forza. Si può adottare la seguente formula per quantificare la forza dello sbilanciamento dei carichi: T = (a Mh) / L

T rappresenta il trasferimento delle masse, a indica l’accelerazione (in metri al secondo quadrato), M è il valore della massa della vettura, h è la misura dell’altezza da terra e L indica la lunghezza del passo. All’interno della formula va tenuto presente che il valore dell’accelerazione dipende dall’attrito opposto dal fondo stradale e dall’aderenza delle gomme, due variabili legate alle specificità del contesto di guida. Altro fattore da tenere in conto è il tipo di trazione: se anteriore, tende a far sottosterzare la vettura in curva, se posteriore può indurre una minore manovrabilità dell’avantreno.

Poiché, come detto, si tratta di un movimento di rotazione attorno ad un asse, il beccheggio può essere quantificato tramite una misurazione angolare. L’entità della rotazione (ovvero l’ampiezza dell’angolo descritto dall’oscillazione) dipende da tre parametri: la distanza esistente tra l’asse di beccheggio e il baricentro della vettura, la flessibilità del sistema elastico e la misura del passo.

Per quanto riguarda l’angolo di beccheggio, questi descrive l’ampiezza dell’oscillazione della vettura in avanti o all’indietro. Prendiamo in considerazione una retta P, che rappresenta il carico, perpendicolare al suolo. Un’altra retta, F, rappresenta la forza di inerzia applicata al baricentro ed è perpendicolare a P. La ‘somma’ di queste due rette è R, ovvero la risultante; questa genera un momento meccanico rispetto all’asse di beccheggio; il momento è l’espressione della tendenza di F a generare un movimento rotatorio che, in questo caso specifico, si ripercuote su uno dei due assi della vettura, che viene ‘caricato’ in base al tipo di accelerazione (positiva o negativa). L’angolo di beccheggio è quello compreso tra l’asse di beccheggio e l’asse che descrive lo ‘spostamento’ di R su di uno degli assi del veicolo.

Come rimediare al beccheggio

Una delle soluzioni che vengono adottate più di frequente per limitare gli effetti del fenomeno di beccheggio è quella di utilizzare un sistema irrigidito di molla e ammortizzatore. In alternativa, è possibile operare sulla geometria delle sospensioni, in particolare regolando l’angolo di attacco dei bracci alla scocca.

In tal caso, si parla di anti beccheggio. Si tratta dell’angolo della sospensione rispetto all’orizzontale. Se riguarda quella posteriore, si avrà una sospensione anti-squat (ovvero un dispositivo che limita lo ‘squatting’, il fenomeno di abbassamento del posteriore della vettura in fase di accelerazione); di contro, se si interviene su quella anteriore, si avrà una sospensione ‘anti-dive‘, ottenendo una limitazione dello sbilanciamento del veicolo sull’anteriore in fase di decelerazione (beccheggio in frenata).

Naturalmente, la variazione dell’anti beccheggio influisce sulla trazione: un angolo maggiore aumenta il carico durante l’accelerazione ma anche l’instabilità in curva. Il processo inverso produrrà, inevitabilmente, effetti di segno contrario: migliore stabilità in curva ma minore manovrabilità a pieno regime.

Fonte: https://pixabay.com/it/auto-da-corsa-nascar-auto-sport-582991/

Fonte immagine: https://pixabay.com/it/nascar-auto-da-corsa-pista-gara-556133/

Riproduzione riservata © 2024 - NM

ultimo aggiornamento: 8 Febbraio 2019 16:01

Carroattrezzi: quando può intervenire e quanto costa

nl pixel